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foto Marc Borom
Il centro di
Nairobi sembra un formicaio, tutti pare abbiano fretta di fare qualcosa, le
persone si incrociano, si urtano, si calpestano, si aiutano a trasportare
carichi inverosimili con ogni mezzo: il tutto cercando di non essere investiti
dai matatu che sfrecciano indifferentemente tanto sulle strade che sui
marciapiedi!
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Arrivo alla viuzza
da dove partono i taxi collettivi per il sud, il caos è totale, ogni conducente
cerca di farti salire sul proprio mezzo senza neppure chiederti dove vai. Mi informo su quale sia il matatu diretto a
Narok, da lì organizzerò il mio viaggio
nella terra dei Maasai.
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foto estero e viaggi |
Prendo
posto sul pulmino, sono l’unico bianco, gli altri viaggiatori mi osservano, i
più piccoli mi fissano, non capita spesso di trovare uno straniero su questi
automezzi. Il viaggio dura qualche ora, le strade appena fuori dalla capitale
sono per lo più asfaltate, il matatu sfreccia, carico all’inverosimile verso
sud attraverso
la Rift Valley.
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@ estero e viaggi |
Narok è l’ultima città dalla quale è possibile
organizzare un safari e me ne rendo conto appena metto piede fuori dal matatu.
I procacciatori mi assalgono, ma parlandoci mi rendo conto di essere l’unico
straniero in quel villaggio quel giorno e che quindi dovrei noleggiare
fuoristrada e autista e sostenere tutte le spese da solo. Lascio così perdere
l’idea di un safari organizzato e mi faccio un giro per le vie del villaggio.
Case fatiscenti, empori di ogni genere e ristoranti poco invitanti sorgono ai
lati delle strade di ciottoli, gli abitanti sono tutti in giro, vendono
qualsiasi cosa, il commercio è l’anima dell’Africa. Qua e là capre e mucche
scheletriche mangiano fogli di carta e rifiuti. Decido di tornare al capolinea
degli autobus, proseguirò il mio viaggio con i mezzi pubblici. Anche qui ogni
conducente cerca di farti salire sul proprio mezzo, ma dopo non poche
difficoltà riesco a sapere qual è quello che va a Talek, ultimo villaggio prima
delle sterminate pianure del Maasai Mara.
Il mezzo è un vecchio camion trasformato in autobus risalente agli anni
Sessanta, dicono che partirà non appena sarà pieno ed è questa la cosa
inquietante!
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@ estero e viaggi |
Io sono uno dei
primi a salire e mi sistemo dietro, vicino al finestrino. Intanto cominciano a caricare a bordo
qualunque cosa, sacchi, polli, scatoloni e sul tetto iniziano ad accatastare e legare
decine e decine di pacchi, casse di birra e taniche d’acqua. Dopo alcune ore
tutto è pronto e si parte. Usciti dal villaggio le strade sono di terra battuta
e piene di buche e mi rendo conto che sarà un viaggio interminabile.
Attraversiamo la savana, qua e là oltre le solite capre e mucche ci sono
gazzelle, gnu, facoceri, orici. Ogni tanto sul ciglio della pista qualche
Maasai attende il nostro passaggio per farsi consegnare una delle innumerevoli
taniche d’acqua legate sul tetto, i più fortunati ricevono anche una cassa di
birra. Il nostro autobus è l’unico mezzo di trasporto ad attraversare questa
zona, pertanto si ferma in continuazione, alcuni scendono, la maggior parte
salgono, siamo carichi all’inverosimile. Di fianco a me si avvicendano
personaggi di ogni tipo finchè non arriva a sedersi un guerriero Maasai, con le
sue armi al seguito. Rimango qualche istante incantato a guardarlo, le orecchie
forate all’inverosimile, la lancia, lo scudo, il pugnale, i capelli modellati
con l’argilla. Lo spazio è davvero poco così cerchiamo di incastrarci alla meno
peggio, ma io sono già costipato tra scatoloni e sacchi di riso; il risultato
sarà che nelle restanti tre ore di viaggio l’asta della sua lancia premerà
sulle mie costole talmente tanto da lasciarmi il segno!
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@ estero e viaggi |
Arrivo a Talek
all’imbrunire, il villaggio è una piazza attorno alla quale sorgono le case,
tutt’intorno la savana cosparsa delle capanne dei Maasai. Prendo una stanza
nell’unica foresteria della città, sono l’unico turista, chissà da quanto tempo,
infatti tutti i bambini mi stanno intorno, guardano incuriositi il mio colorito
pallido.
Qui nel villaggio parte della popolazione ha dismesso gli abiti tradizionali, quindi si mescolano guerrieri dai
caratteristici mantelli a quadri rossi a gente vestita in vecchissimi e lisi
completi all’europea. I carretti trainati dagli asini si incrociano con i
vecchi fuoristrada. Entro in uno dei due bar del villaggio e mi siedo con
persone in abiti tradizionali, c’è anche la birra, ma non il frigorifero!
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@estero e viaggi |
Il proprietario
della mia guesthouse ha anche un fuoristrada e con lui organizzo un safari per
il giorno dopo, per andare nel territorio dei big five infatti serve un mezzo a
motore, è troppo pericoloso, i guardaparco sono inflessibili. Il villaggio è
già nel territorio del parco e farsi una passeggiata appena intorno vuol dire
incontrare antilopi, facoceri, marabù, babbuini e se si è fortunati anche gli elefanti,
ma se si vogliono osservare i grandi predatori, ci si deve addentrare nella
savana, oltrepassare i pascoli dei Maasai e arrivare nelle loro zone di caccia.
La sera vado a
dormire presto, il safari infatti comincia prima dell’alba, ma comunque il
generatore di corrente funziona solo fino alle 20 e nel buio totale non è molto
indicato restare in giro da queste parti. La stanza è molto spartana e la
zanzariera piena di buchi, così il sonno tarda a venire, ma il cielo notturno è
uno spettacolo senza precedenti, le stelle sono iridescenti, sembra di poter
toccare la Via
lattea così passo gran parte della notte ad osservarle. Puntuale il mio autista
si presenta prima che faccia giorno, percorriamo alcuni chilometri su piste di
fango e vediamo sorgere il sole tra migliaia di zebre e di gnu. Ad un tratto
l’autista blocca la jeep e prende il binocolo-ci siamo-dice-ecco simba!
Avanziamo lentamente e scorgo lui, il re di tutti gli animali, non da solo ma con
la sua compagna, mentre approfittano del fresco mattutino per perpetrare la
loro specie. I due leoni, ci guardano avvicinarci ma rimangono impassibili,
loro costituiscono l’ultimo anello della catena alimentare, non hanno predatori
naturali e quindi niente li intimorisce.
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@ foto fieldstudy.com |
Poco più in là altri due leoni, più
piccoli, probabilmente i loro figli maggiori. Dopo qualche chilometro un altro
branco, questi sono di più e sono intenti a spolpare la carcassa di una mucca. Prima mangiano i maschi, poi
mangeranno i cuccioli e solo alla fine le leonesse potranno appropriarsi degli
scarti. Chi non rispetta questa gerarchia viene allontanato con ruggiti che
fanno venire i brividi e che mostrano dei denti formidabili. Con il nostro
fuoristrada arriviamo a pochi metri da questo spettacolo della natura tanto da
poter sentire il rumore delle ossa fracassate nelle fauci dei felini. Mangiano
voracemente, l’autista mi dice perché hanno fretta di andare via, la mucca
infatti apparteneva alla tribù di Maasai che vive lì vicino e appena i pastori
se ne sarebbero accorti sarebbero andati a scacciarli.
Arriviamo ad un
fiume in cui convivono pacificamente coccodrilli ed ippopotami, sono entrambi
animali di una forza e di una aggressività senza pari, di conseguenza la loro convivenza
è garantita dal rispetto reciproco. Nei pressi del fiume vive anche una grossa
mandria di bufali che per gli abitanti del posto sono gli animali di gran lunga
più pericolosi, si innervosiscono molto facilmente e non disdegnano di caricare
anche un grosso automezzo.
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foto estero e viaggi |
Poco lontano
incontriamo un leopardo con i suoi due cuccioli intenti a mangiare e anche
loro, come i leoni, sembrano poco infastiditi dalla nostra presenza. L’odore
della preda dei leopardi attira alcune temibili iene, predatori opportunisti
che preferiscono impossessarsi del cibo altrui, ma al contrario loro non
gradiscono la nostra vicinanza cosicché si allontanano emettendo la loro
inquietante e caratteristica risata.
Ogni tanto
incontriamo un gregge di mucche e pecore condotto da qualche ragazzino o gruppi
di donne che tornano dai pozzi con enormi taniche piene d’acqua . E’
sensazionale osservare la convivenza del popolo Maasai con la fauna selvatica e
forse è proprio quest’equilibrio che regna nelle savane africane che una volta
abbandonate quelle terre il semplice ricordo provoca il mal d’Africa!